sabato 2 febbraio 2008

DISLESSIA METODO DI RECUPERO 6^ tappa

ATTIVITA’ DI FEBBRAIO

SCUOLA E DISLESSIA: ESSERE DETERMINATI

6^ fase

Ancora non è il momento di abbandonare gli esercizi specifici qui suggeriti, ma di proseguire con fiducia nell’itinerario indicato. Quando l’obiettivo sarà raggiunto compiutamente (e ormai manca poco) ci si accorgerà che non è stato poi troppo gravoso applicarsi nel seguire il bambino, almeno leggendo quanto scrive Ugo Pirro della sua esperienza di padre, che riporto in calce. Il metodo che io suggerisco in questa sede è stato da me applicato con successo fin dal 1985!

Ora il bambino, che ha eseguito le fasi precedenti senza fretta e soprattutto senza ansia, può leggere delle semplici frasi, scritte tutte in stampatello maiuscolo, ma organizzate normalmente in orizzontale.

Se si vede che egli non riesce ancora a distinguere bene le sillabe, le si possono evidenziare tracciando intorno a ciascuna di esse un circoletto, magari con colori diversi e facendosi aiutare da lui stesso.

Le stesse frasi o/e altre simili potrà poi scriverle sotto dettatura.

E’necessario che nello scrivere il bambino usi ancora lo stampatello maiuscolo. Peraltro anche altri compagni lo usano ancora in classe in alcune circostanze e quindi non ci sono motivi di discriminazione.

Attenersi strettamente alle norme di comportamento ampiamente descritte nelle fasi precedenti, in particolare a quella di non dar mai peso agli errori: non occorre sottolineare l'errore, basta ripetere. Invece gratificare i successi!

Non mi stancherò mai di ripetere che la richiesta di sforzo al bambino in difficoltà (qualunque sia la difficoltà che un qualsivoglia bambino incontra) è indispensabile che sia calibrata, estremamente attenta e sensibile - ma anche decisa e fiduciosa - in modo da consentirgli di sentirsi adeguato e di trarre dal raggiungimento dell’obiettivo un’occasione di autostima.

Per aiutarsi a convincerlo si possono assegnare dei “punti” ad ogni frase letta/scritta bene, anche se lentamente. Non occorre abbinare al punteggio raggiunto dei premi, in quanto il bambino si contenta già “di aver fatto tanti punti” e di sentirsi “bravo”.

Considero diseducativo premiare quanto il bambino fa per sé, proprio perché in questo modo crederebbe di sforzarsi a vantaggio di altri (anche se della mamma o papà) e non imparerà a “fare per se stesso”.

Scrive Ugo Pirro:

“....Mano mano che procedevo.., la dislessia diventava un albero dalle lunghe e tortuose radici, che non potevano essere estirpate senza una lunga pazienza e mai completa­mente.

La conoscenza che acquisivo allarmava proprio perché confermava quelle oscure paure che avevo accumulato.

E non mi dava alcun sollievo scoprire che era un disturbo assai più diffuso di quanto mai avessi supposto. Come spiegare allora che non erano reperibili testi di divulgazione, guide per i genitori e gli insegnanti, ricer­che condotte nelle scuole italiane?

Per quante indagini facessi, restai a mani vuote. Tanto disinteresse, quel silenzio dei libri non stava certo a signi­ficare che nel nostro paese i dislessici erano rari, indica­vano piuttosto una sordità, un'indifferenza degli ambien­ti scientifici. Così solo si spiegava l'indifferenza della scuola di Umberto, l'assenza di ogni iniziativa pubblica. L'unico segno di interesse era appunto quel libro esposto nella bacheca della clinica. Più, insomma, leggevo, cercavo di informarmi, più io e Umberto eravamo soli con­tro tutti...

Umberto non poteva essere il solo dislessico esistente in Italia e dunque chissà quanti altri, al pari di me e di Umberto, combattevano senza speranza, senza capire, senza protestare, senza pretendere aiuti, rassegnati e colpevoli per quella loro rassegnazione che condannava i figli al semianalfabetismo, a ogni sorta di disturbo comportamentale...

... Soltanto in Italia avere un figlio dislessico è una tragedia senza qualità che si rap­presenta davanti all'indifferenza della scuola, degli istitu­ti scientifici, delle istituzioni pubbliche.

... non sapevo a chi rivolgermi per guarirlo e aiutarlo, dal momento che negli anni della scolarizzazio­ne di massa la scuola si dedicava soltanto a quei figli, a quei piccoli cittadini che .. distinguevano il tempo dallo spazio senza errori, confusioni e omissioni, che si orientavano nell'universo avvicinabile con la stessa facili­tà con la quale gli uccelli migratori volano seguendo la rotta dei loro viaggi stagionali.....

... Proprio così era già accaduto alle elementari. L'avevano più che promosso, spedito alla scuola media, affibbiato a un altro corpo insegnante perché si provasse a respingerlo, si assumesse la responsabilità di eliminarlo....”

Ugo Pirro Mio figlio non sa leggere, Biblioteca Universale Rizzoli, MILANO 1984

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